He relatado en entradas anteriores el daño que para la construcción europea y para la efectividad del mercado interior implican los sucesivos, frecuentes e inevitables episodios de lo que suele llamarse nacionalismo económico o proteccionismo empresarial. Son reacciones inevitables ante la presión política o social que en los Estados afectados provocan los anuncios de operaciones de concentración, afecta en particular a la regulación en materia de ofertas públicas de adquisición (OPAs). La aprobación misma de la Directiva en 2004 ya reveló la resistencia de no pocos y relevantes Estados europeos a aceptar un mecanismo que favoreciera la adquisición del control de sus empresas cotizadas y, desde entonces, hemos tenido ocasión de asistir a episodios más o menos llamativos que ponían de manifiesto cómo concretos Estados europeos se resistían a hacer efectiva la libre circulación de capitales oponiéndose de manera expresa a anuncios de OPAs.
El último episodio se ha producido en estos últimos días a partir de la progresiva hegemonía alcanzada por empresas francesas en el mercado italiano, mediante la adquisición del control de sociedades italianas que, en algunos casos, están inmersas en situaciones de dificultad. La repetición de estas operaciones y la dimensión de algunas de las empresas implicadas ha provocado una reacción fulminante del Gobierno italiano que relata en su crónica del pasado 19 de marzo de 2011 en IlSole24Ore, Laura Serafini: Tremonti prepara legge antiscalata.
Para entender el alcance de la reacción italiana basta con transcribir el párrafo introductorio en la crónica:
“Il governo italiano non intende restare alla finestra mentre si susseguono tentativi da parte di gruppi francesi di conquistare posizioni nel capitalismo italiano. A dare l'idea dell'urgenza che ha assunto l'argomento c'è la scelta del ministro per l'Economia, Giulio Tremonti, di affrontare la questione durante un consiglio dei ministri straordinario convocato per discutere delle misure da adottare nei confronti della Libia. Un comunicato diffuso da palazzo Chigi ieri ha rivelato che Tremonti aveva tenuto in consiglio una relazione sulle normativa francese posta «a tutela delle partecipazioni strategiche» d'Oltralpe, prennunciando l'intenzione di valutare l'opportunità di uno strumento legislativo per proteggere le società italiane”.
Las operaciones en curso o de control no afectaban en todos los casos a lo que podíamos llamar sectores estratégicos, pero si a alguno de los emblemas de lo que podríamos llamar la Italia empresarial. Destaca el problema surgido en torno al control de Parmalat y otras compañías italianas. Se parte de la aplicación a los inversores franceses de un principio que se enuncia expresamente como el de la reciprocidad:
“La strada che Tremonti vuole tentare passa per il principio di reciprocità. Un paese che aderisce alla Ue, infatti, non può varare generiche misure restrittive al libero mercato, perchè rischia l'apertura di una procedura di infrazione da parte di Bruxelles. E per l'Italia non sarebbe la prima volta: la Ue ha ancora aperta una procedura simile per le norme italiane sulla golden share, che protegge le società a controllo pubblico. Mentre nel 2003 lo stato italiano è stato deferito davanti alla Corte di giustizia europea per il decreto legge con cui nel 2001 congelò sotto al 2% i diritti di voto del colosso dell'elettricità francese Edf, che accanto a Fiat stava dando la scalata alla Montedison. Una partita che dieci anni dopo è ancora aperta e i cui strascichi sono all'origine della presa di posizione del governo italiano”.
Las autoridades italianas se han encargado de recordar cómo se produjo ya hace un par de años una situación inversa, en la cual fue una reacción normativa y administrativa francesa la que obstaculizó la posibilidad del control italiano sobre algunas empresas relevantes del país francés en el sector energético. El estudio y el recuerdo de aquellos episodios, aparece transcrito en la crónica que cito:
“L'attenzione sarebbe concentrata su una legge adottata dai francesi a fine 2005, dopo un tentativo della Pepsi di lanciare un'Opa su Danone e contestualmente al piano (fallito) di Enel di conquistare Suez-Electrabel: la norma prevede una lista di oltre dieci settori strategici, in cui l'ingresso da parte di capitali esteri in posizione di controllo in società francesi deve passare attraverso l'ok governativo. Ma l'intervento italiano non si limiterà a questo. Perché una simile barriera non deve essere troppo efficace, se gli stessi francesi nel 2006, per impedire a Enel la scalata su Suez, ne vararono in tutta fretta la fusione di questa con Gaz de France.
Sempre in quell'anno adottarono nuove norme per consentire il ricorso a "poison pill" (manovre difensive per contrastare le scalate). Ma lo strumento più forte con cui furono bloccati i margini di manovra dei gruppi italiani sono poteri conferiti alla Amf, la Consob francese, con il recepimento della direttiva Ue sull'Opa. Amf può intervenire sul potenziale scalatore ai primi rumors o oscillazioni del titolo per chiedergli di scoprire le carte su un'eventuale scalata: se l'aggressore è colto in contropiede, non può ancora svelare i suoi piani e dunque poi non può più assumere alcuna iniziativa per i sei mesi successivi. Allora con Enel lo strumento funzionò. Il film si è ripetuto a fine 2006 con Saipem (Eni) che fu stanata da Amf mentre progettava un'Opa (che andò in fumo) sulla società di impiantistica Technip. In Italia, invece, a uno scalatore basta invocare il «grave danno» per divincolarsi dalle richieste della Consob di fornire puntuali informazioni al mercato”.
A primera vista, surgen dudas ante la conversión de los órganos supervisores de los mercados en una suerte de guardianes ante operaciones venideras. Velar por la transparencia del mercado es su misión. No creo que forme parte de ella integrarse en la defensa de las empresas cotizadas ante operaciones de control de naturaleza hostil.
Madrid, 30 de marzo de 2011